Ispirato alla commedia di Clare Booth Luce, remake dell'omonimo celebre film del '39 del regista delle donne George Cukor (nel 1956 rifatto, col titolo "Sesso debole", da David Miller con una deliziosa June Allyson, una perfida Joan Collins e comprimarie di lusso come Ann Sheridan, Ann Miller, Dolores Gray), l'odierno film della regista televisiva Diane English (prodotto da Mick Jagger) ha giustamente avuto scarsa fortuna al box-office statunitense.
Falso e artefatto, eccessivamente e fastidiosamente patinato, con l'intento di rinnovare i fasti della parodistica ed elegante, corrosiva e spregiudicata sophisticated commedy che ha contribuito non poco a fare la fortuna di Hollywood (un prodotto intelligentemente confezionato sia nella messa in scena che nella storia raccontata, dai dialoghi scoppiettanti e dal notevole ritmo comico che "con leggerezza, raffinatezza e esilaranti giochi di parole affrontava i temi proibiti della società americana", Fabrizia Centola). Ma erano necessari Cukor, Capra, Lubitsch, Wilder, Minnelli, Edwards… Non tutti sono all'altezza.
Di fronte a un Cukor graffiante e anticonformista, abbiamo un lavoro piatto e scialbo, senza brio e verve in cui protagonista effettivo sembra l'uomo (anche se è bandito nelle case, negli uffici, nei grandi magazzini e nelle strade) perennemente nelle menti delle protagoniste (e non solo). Certo le donne qui si affermano con le proprie forze ma nel campo (per alcuni frivolo e inconsistente) della moda… non diventano chirurghi o direttori di banche (sarà forse per questo che in sala ride soprattutto certo pubblico maschile che vede confermata la propria idea che le donne in fondo siano solo delle adorabili ochette, tutto sommato inoffensive e sostanzialmente da proteggere).
Una trama plausibile negli anni Trenta, improponibile oggi senza gli opportuni aggiustamenti (non è sufficiente parlare superficialmente di gay, editoria, moda, beauty-farm, chirurgia estetica… per attualizzare il tutto).
Il lavoro del 1939 era un sardonico ritratto, una caustica (e a volte feroce) satira di certo universo femminile incapace di provare vero amore e vera amicizia. Qui abbiamo delle borghesi altolocate che non fanno altro che starnazzare tutte insieme, senza un problema al mondo, senza una riflessione o un pensiero che non sia il look o lo shopping o il gossip, continuamente indaffarate in mille cose superflue e inconsistenti (e che credono nell'integrità della famiglia e nella salvaguardia del matrimonio), "donne fondamentalmente del passato, mentre nel film di Cukor erano donne che anticipavano l'emancipazione del dopoguerra" (Paolo Marocco).
Dialoghi stanchi e scontati con qualche battuta di cattivo gusto di cui si poteva fare a meno. Recitazione sopra le righe di uno stuolo di attrici (capitanate dalla cinquantenne Meg Ryan, dal volto rifatto, insopportabilmente incapace di abbandonate il ruolo di "monella sbarazzina") che soccombono inevitabilmente di fronte a Norma Shearer, Rosalind Russell, Joan Crawford, Paulette Goddard, Joan Fontaine.
tuttelerecensioni
giovedì 16 ottobre 2008
"The Women" di Diane English
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento