E' dal 1977 (anno in cui debutta splendidamente alla regia con "I duellanti" premiato a Cannes) che Ridley Scott ci ha abituato alternativamente a capolavori (Alien, Blade Runner, Thelma & Louise), a grandi successi commerciali (Il Gladiatore, Black Rain, Hannibal, American Gangster) ma anche a opere mediocri (Albatros, 1492 La Conquista del Paradiso, Soldato Jane).
Questo "Body of Lies" piacerà a chi ama le spy-story e vuole avventura e ritmo, risulterà meno gradito a chi dal cinema pretende qualcosa di più sostanzioso.
Tratto dal romanzo di David Ignatius (giornalista del Washington Post), in America non ha avuto il successo che ci si aspettava ("Il problema è che negli Stati Uniti la guerra al terrorismo è una maledizione anche al botteghino: Nella valle di Elah, The Kingdom, Rendition, Redacted, Leoni per agnelli sono stati dei flop" scrive Venerdì di Repubblica).
In Italia ha ricevuto recensioni tutt'altro che entusiasmanti (Liberazione: Ridley Scott, oramai anonimo regista da spot, ripete meccanicamente la sua visione dicotomica del mondo divisa tra bene e male, buono e cattivo. La Repubblica: è solo una efficiente "serie B" d'avventure gonfiata a forza di steroidi. Il Messaggero: semplicistico e anche tedioso… Improbabili le figure toccate in sorte ai due divi di turno. Il Manifesto: ...eroe buono laico vince fondamentalista cattivo, seduce bellezza locale femminista, supera come al videogame ogni agguato fatale. Film.tv: Un film che non appassiona. Il Giornale: Il sessantenne Ridley Scott confeziona un altro «mattone»).
Il montaggio è frenetico (del premio Oscar Pietro Scalia), l'azione abbonda, lo spettacolo visivo è esaltante, gli effetti speciali sono grandiosi, l'attenzione è quasi sempre catturata, il carisma delle due star è salvo: Ridley Scott conferma di essere un grande professionista.
Ma la retorica affiora qua e là, la lunghezza è eccessiva, la trama è un po' farraginosa, il romanzesco a volte prevale, ingenuo e inutile il didascalismo, un po' troppo prevedibile il procedere del racconto, scontata e superflua la storia sentimentale, superficiale il manicheismo del tutto, pericoloso e inaccettabile il messaggio finale sull'impossibilità di rispettare qualsiasi principio etico.
Non è un film denuncia, un'opera che ambisca ad andare controcorrente, un lavoro che intenda indurre alla riflessione e alla discussione (come lo erano gli ottimi Syriana e Leoni per agnelli): è semplicemente un prodotto ottimamente confezionato, un blockbuster adrenalinico, un action movie diretto con maestria, un lavoro di puro intrattenimento, un'occasione per ammirare ancora una volta la bravura di Di Caprio e Crowe (ma un applauso va anche a Mark Strong).
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