venerdì 25 luglio 2008

"Il Cavaliere oscuro" di Christopher Nolan

Fiaba, ironia sognante, avventura… appartengono al passato. Non è più tempo di divertimento, sembrano dirci regista e sceneggiatore de Il cavaliere oscuro.
Il mondo è impazzito, è una giungla dove molti tendono a farsi giustizia da sé, la corruzione impera, la delinquenza la fa da padrone, il bene stenta a farsi largo, l'essere umano è smarrito e incerto.
La nuova svolta alla saga
Christopher Nolan (che ci aveva regalato due dei migliori thriller visti nelle ultime stagioni, "Memento" del 2000 e "Insomnia" del 2002) l'aveva iniziata già col precedente Batman begins:
non più puro intrattenimento ma film d'autore, non più fumetto ma dramma psicologico, non più semplice miscuglio di avventura & fantastico ma complessa e seria analisi della contrapposizione vendetta-giustizia e dei guasti che i cattivi maestri possono causare.
Il nuovo episodio ne riprende l'atmosfera cupa e inquietante (e il senso tragico della vita) ma non ne ripete l'originalità.
L'emotivamente intenso
Batman begins si basava sulla geniale soluzione di mostrarci come un uomo comune (seppur multimiliardario), oppresso dai sensi di colpa e dedito alla tormentata ricerca del bene (un uomo in perenne lotta con la propria anima), riuscisse a diventare un supereroe imbattibile, edificando così il proprio mito: un simbolo di speranza e di forza per tutti. Abbiamo assistito con interesse e curiosità alle varie fasi di questa "costruzione" e tutto era credibile, ogni azione aveva una sua logica: il "mito" ha finalmente una spiegazione concreta.
Il cavaliere oscuro si basa invece su una sceneggiatura, al contempo, più semplicistica (la solita lotta alla mafia e allo psicopatico di turno) e più ingarbugliata, infarcita da tante sottotrame e da una infinità disorientante di personaggi tutti sullo stesso piano ("il soggetto del Cavaliere oscuro non è poi granché", la Repubblica).
Il risultato è un prodotto meno interessante e coinvolgente. Si fa fatica a seguire tutto quello che accade (e che a volte non è del tutto chiaro).
Eccessivamente lungo e non sempre sostenuto da un ritmo adeguato, il film ha più di un sostanziale difetto. Dà quasi più importanza ad altre figure che a colui che dovrebbe essere il protagonista (nella prima ora e mezza Batman fa quasi da comparsa, ogni tanto fa capolino come se volesse ricordarci che nel film c'è anche lui). Per porre termine al farraginoso e complicato intreccio si fa ricorso a ben due finali distinti, ognuno di una ventina di minuti… che sconcertano lo spettatore e contribuiscono a non rendere omogenea l'opera (caratteristica negativa di tutta l'operazione). Alcuni episodi fanno chiaramente da riempitivo e spezzano la già scarsa unitarietà del racconto. La scenografia (gotica cupa affascinante fantasiosa e protagonista negli altri episodi) ha poca importanza e toglie uno dei punti di forza dell'intera saga.

Primeggiano Heath Ledger e Aaron Eckhart: il primo è molto bravo nel delineare un personaggio estremamente sgradevole, amorale folle estremo schizofrenico agghiacciante sadico distruttivo quanto mai altri (ma tende a ricordare nei movimenti e nelle espressioni Jack Nicklson); il secondo tende a "gigionare" in modo un po' eccessivo e non è aiutato da una sceneggiatura che lo fa "cambiare" troppo repentinamente. Christian Bale, contrariamente al solito, è piuttosto statico e non dà alcun spessore al ruolo. Gary Oldman (come in
Batman begins in una parte per lui inconsueta) conferma le sue ottime doti. Maggie Gyllenhaal non "buca" lo schermo e non imprime personalità al suo personaggio.
Colpevolmente troppo di contorno i grandi Michael Caine e Morgan Freeman.

Nonostante le manchevolezze, il film resta comunque da vedere. Non è il solito "giocattolone hollywoodiano" tutto effetti speciali. Evidente lo sforzo di creare un lavoro più degno e più serio che rispecchi l'attuale mondo dalla moralità discutibile, dominato dal caos e dalla sete di potere, dove
il discorso sulla giustizia (cos'è, chi la deve controllare, dove deve fermarsi, a che costo..) si fa sempre più attuale (Il Manifesto).
recensioni
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