martedì 9 settembre 2008

"La rabbia di Pasolini" di Giuseppe Bertolucci

La Rabbia di Pasolini
Un film di Giuseppe Bertolucci
Genere Documentario, b/n 83 minuti
Produzione Italia 2008 - Distribuzione Istituto Luce
[Uscita nelle sale venerdì 5 settembre 2008]

Nel 1963 Pasolini e Guareschi avevano "selezionano, montano e commentano materiale di repertorio... per rispondere ad una serie di eterne domande: perché la vita dell'uomo è caratterizzata da rabbia, paura e angoscia?" (35mm).
Il film che ne venne fuori fu visibile pochissimi giorni nelle sale (la prima proiezione fu fatta a Milano il 13 aprile 1963, per due giorni. Poi due giorni a Roma e quindi uno a Firenze. A questo punto il film fu subito ritirato, sembra, non per le polemiche pasoliniane ma per l'aperto antiamericanismo di Guareschi).

A più di quarant'anni di distanza è stato presentato alla 65esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia
"La rabbia di Pasolini. Ipotesi di ricostruzione della versione originale del film" di Giuseppe Bertolucci (regista e Presidente della Cineteca di Bologna).
L'iniziativa, che nasce dalla volontà di 'risarcire' Pasolini recuperando l'intero corpus dei filmati che avrebbero composto la sua versione di
"La rabbia", parte da un'idea dello storico e critico Tatti Sanguinetti.
L'edizione attuale vede l'aggiunta di 16 nuove sequenze d'archivio, in tutto 18 minuti (con le voci narranti di Valerio Magrelli e dello stesso Giuseppe Bertolucci). Vi sono poi altri 7 minuti (tratti dai cinegiornali dell'epoca e da spezzoni televisivi) intitolati "L'aria del tempo" che mostrano Pasolini ridicolizzato e con l'insinuazione che riceva premi esclusivamente per le sue parolacce. Conclude una intervista al regista Jean-André Fieschi in cui racconta la sua rabbia di intellettuale "arrabbiato", l'unico in Italia.
A Venezia, molteplici le polemiche.
Giuseppe Bertolucci:
"Guareschi è un autore che ha avuto i suoi meriti. Ma ribadisco il mio giudizio fortemente critico... il suo testo in "La rabbia" è insostenibile, addirittura razzista. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo".
Pierluigi Battista:
"...dare retroattivamente del razzista a Guareschi a me pare qualcosa di più di un mero giudizio critico. Addurre poi il razzismo come motivo per ripudiare la metà guareschiana de "La rabbia" nel mentre si santifica quella pasoliniana mi sembra eccedere anche il pur legittimo giudizio critico".
Libero:
"PPP fa propaganda filosovietica".
Gianfranco Pasquino:
"Bertolucci avrebbe dovuto lasciare nel film restaurato anche i commenti di Guareschi. Credo che il pubblico debba potere leggere, o guardare, e decidere da solo se qualcosa gli piace oppure no".
Ciak:
è presente una vignetta di Bertolucci ritratto come un Lenin che arringa alla folla.
Il Manifesto:
"Persona di grande spirito, intellettuale anticonformista, penna acuminata, uno che pagava per le sue idee col carcere piuttosto che cambiarle…, Giovannino Guareschi sarà stato anche razzista, a tratti, in alcuni passaggi della sua opera. Nessuno è perfetto, ma non più o meno di alcuni passaggi criticabili di Pasolini".

In che consista
"La rabbia" è lo stesso Pasolini a dircelo: "È un film tratto da materiale di repertorio (novantamila metri di pellicola: il materiale cioè di circa sei anni di vita di un settimanale cinematografico, ora estinto). Un'opera giornalistica, dunque, più che creativa…
Cos'è successo nel mondo, dopo la guerra e il dopoguerra? La normalità.
Già, la normalità. Nello stato di normalità non ci si guarda intorno: tutto, intorno si presenta come "normale", privo della eccitazione e dell'emozione degli anni di emergenza. L'uomo tende ad addormentarsi nella propria normalità, si dimentica di riflettersi, perde l'abitudine di giudicarsi, non sa più chiedersi chi è.
È allora che va creato, artificialmente, lo stato di emergenza: a crearlo ci pensano i poeti"
.
La rabbia di Pasolini è rivolta alle guerre continue, al colonialismo, alla fame del sottoproletariato, al conformismo, al razzismo, alla prepotenza della maggioranza, all'odio verso tutto quanto sia diverso, alla produzione in serie (anche delle idee), all'imborghesimento in atto nelle classi sfruttate, all'intolleranza, ai pregiudizi, al perbenismo… e le immagini che esemplificano il tutto (sottolineate dal commento, lirico e accorante, con le voci di Giorgio Bassani -la voce della pacatezza- e di Renato Guttuso -la voce dell'invettiva-) colpiscono e, spesso, sconvolgono: rinfrescano la nostra memoria addormentata, scuotono le nostre certezze, provocano indignazione e sgomento.
Particolarmente illuminante la dichiarazione finale di Pasolini sugli arrabbiati in Italia, piccoli arrabbiati perché piccola è la borghesia.
Il messaggio del film è chiaro: "
finché l'uomo sfrutterà l'uomo, finché l'umanità sarà divisa in padroni e in servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui". Un quadro disperato dei nostri tempi ma che contiene una luce di speranza: come non vederla in German Titov (il secondo uomo nello spazio, con i suoi 25 anni il più giovane cosmonauta) che "sale nel cielo con un semplice cuore... e ridiscende in terra fra i semplici cuori dei suoi compagni" e afferma "Da lassù tutti mi erano fratelli"?

Un film da vedere, che stimola la nostra intelligenza e la nostra coscienza, che induce a riflettere e discutere, che dà un' ulteriore prova della grandezza di un uomo (...grande anche nei suoi errori, vedi la troppa scoperta ammirazione per l'URSS), un uomo che fu
"coscienza critica e dolente di una modernità impetuosa che stava travolgendo i valori e la cultura" della nostra civiltà (Giovanni Maria Rossi).
"La televisione, arma per la diffusione della menzogna, milioni di abbonati candidati alla morte dell'anima...
Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall'angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra? Quando sarà inarrestabile il ciclo della produzione e del consumo, allora la nostra Storia sarà finita..."
dice Pasolini nel film: sembrano parole d'oggi (le cose sono due, o Pier Paolo era un profeta con la sfera di cristallo o la nostra società è tornata indietro di quarant'anni).

Faccio mie le parole scritte da Andrea Martini su Il Giorno:
"La profondità del suo pensiero, l'energia delle sue immagini, la sua straordinaria lungimiranza hanno contribuito a rendere inesauribile la sua eredità e non solo in termini poetici…".

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