Deludente e inconcludente… i due aggettivi che vengono immediatamente in testa dopo la visione de "Il seme della discordia" che vede il ritorno, dopo sette anni, di Pappi Corsicato.
Il soggetto (tratto dal racconto "La Marchesa von O" di Heinrich von Kleist, già portato sullo schermo nel 1976 da Eric Rohmer) lasciava ben sperare, come la location scelta (una Napoli insolita) e il ricco cast (che invece, a parte la bravissima Isabella Ferrari, appare del tutto inadeguato).
Ritmo lento, assoluta mancanza di ironia, umorismo latente… caratterizzano questo film che ambisce al titolo di ironica commedia su infertilità e aborto e che si vorrebbe surreale, fresco, leggero, sgargiante e multicolore, retrò e scintillante (e non è nessuna di queste cose). Un Almodòvar adattato e interpretato in un film che è lontano mille miglia dal mondo paradossale grottesco e caustico del grande regista spagnolo.
Sceneggiatura senza fantasia né inventiva (con dialoghi spesso banali e qualche sketch farsesco di troppo), scene e vari personaggi chiaramente riempitivi e inconsistenti, continue citazioni cinematografiche non motivate.
Caterina Mureno e Alessandro Gassman monocordi come mai. La prima (molto lodata, a mio parere inspiegabilmente, dai critici) è al centro di tutta l'opera ma non riesce a dare spessore al suo personaggio (una giovane Giovanna Ralli o una Carmen Maura avrebbero fatto faville…), passeggia molto nel film, ancheggiando e inchinandosi parecchio. Il secondo non dà sfaccettature al ruolo, che risulta opaco piatto monotono. Un plauso invece, come già detto, a Isabella Ferrari, eccezionale in un personaggio per lei non usuale e che interpreta senza sbavature, con misura e discrezione.
Accolto con una certa freddezza all'anteprima per la stampa al Festival di Venezia, Pappi Corsicato ha dichiarato: "Volevo affrontare temi urgenti ed importanti ma senza la pretesa di approfondirli e realizzare così un film semplice e divertente e poi, io non riesco proprio a vedere la realtà, anche quella più sgradevole se non attraverso l'ironia che è qualcosa di magico che sdrammatizza le pesantezze della vita… Poi a dominare il film è l'universo prepotente e surreale delle donne". Intenzioni nobilissime, ma solo "intenzioni" che rimangono sulla carta e che nel film non traspaiono.
Una analisi divertita e divertente del mondo femminile, perfetto esteriormente ma disastrato interiormente? Un omaggio alla donna? Direi un'analisi e un omaggio al "didietro" del corpo femminile, perennemente in primo piano.
Scrive giustamente Gianluca Arnone su Cinematografo.it:
"Un divertissement fine a se stesso... che nulla aggiunge e nulla toglie allo stato del cinema. A lasciare perplessi non è tanto Corsicato però, ma la Mostra che l'ha voluto in Concorso. Questa sì, seminando discordia".
tuttelerecensioni
Il soggetto (tratto dal racconto "La Marchesa von O" di Heinrich von Kleist, già portato sullo schermo nel 1976 da Eric Rohmer) lasciava ben sperare, come la location scelta (una Napoli insolita) e il ricco cast (che invece, a parte la bravissima Isabella Ferrari, appare del tutto inadeguato).
Ritmo lento, assoluta mancanza di ironia, umorismo latente… caratterizzano questo film che ambisce al titolo di ironica commedia su infertilità e aborto e che si vorrebbe surreale, fresco, leggero, sgargiante e multicolore, retrò e scintillante (e non è nessuna di queste cose). Un Almodòvar adattato e interpretato in un film che è lontano mille miglia dal mondo paradossale grottesco e caustico del grande regista spagnolo.
Sceneggiatura senza fantasia né inventiva (con dialoghi spesso banali e qualche sketch farsesco di troppo), scene e vari personaggi chiaramente riempitivi e inconsistenti, continue citazioni cinematografiche non motivate.
Caterina Mureno e Alessandro Gassman monocordi come mai. La prima (molto lodata, a mio parere inspiegabilmente, dai critici) è al centro di tutta l'opera ma non riesce a dare spessore al suo personaggio (una giovane Giovanna Ralli o una Carmen Maura avrebbero fatto faville…), passeggia molto nel film, ancheggiando e inchinandosi parecchio. Il secondo non dà sfaccettature al ruolo, che risulta opaco piatto monotono. Un plauso invece, come già detto, a Isabella Ferrari, eccezionale in un personaggio per lei non usuale e che interpreta senza sbavature, con misura e discrezione.
Accolto con una certa freddezza all'anteprima per la stampa al Festival di Venezia, Pappi Corsicato ha dichiarato: "Volevo affrontare temi urgenti ed importanti ma senza la pretesa di approfondirli e realizzare così un film semplice e divertente e poi, io non riesco proprio a vedere la realtà, anche quella più sgradevole se non attraverso l'ironia che è qualcosa di magico che sdrammatizza le pesantezze della vita… Poi a dominare il film è l'universo prepotente e surreale delle donne". Intenzioni nobilissime, ma solo "intenzioni" che rimangono sulla carta e che nel film non traspaiono.
Una analisi divertita e divertente del mondo femminile, perfetto esteriormente ma disastrato interiormente? Un omaggio alla donna? Direi un'analisi e un omaggio al "didietro" del corpo femminile, perennemente in primo piano.
Scrive giustamente Gianluca Arnone su Cinematografo.it:
"Un divertissement fine a se stesso... che nulla aggiunge e nulla toglie allo stato del cinema. A lasciare perplessi non è tanto Corsicato però, ma la Mostra che l'ha voluto in Concorso. Questa sì, seminando discordia".
tuttelerecensioni
1 commento:
un'autentica porcheria, per usare un'eufemismo.
Bella recensione.
arc
Posta un commento