Critiche discordanti per l'ultimo film di Jean-Pierre e Luc Dardenne:
Hollywood Reporter "non è a livello dei film precedenti"
El Pais "squallore e noia: il solito film dei fratelli Dardenne"
L'Unità "pur con pregi sono irritanti la trama e il finale"
Il Foglio "lo spettatore già sbadiglia prima che la storia cominci, cupa e triste"
La Repubblica "un film d'alto profilo"
Il Corriere della Sera "rigore e passione"
Cinemadelsilenzio "la storia è dura, potente e asciutta"
Ciak "il livello è sempre alto"
Cinematografo.it "i Dardenne sono sempre loro e per l'ennesima volta hanno girato un piccolo capolavoro".
Grande successo di pubblico al 61° Festival di Cannes (più di dieci minuti di applausi), ma non solo: la giuria lo ha premiato per la migliore sceneggiatura. Del resto i fratelli Dardenne sono abituati ai riconoscimenti: proprio Cannes li ha incoronati per ben tre volte, con la Palma d'oro per "Rosetta" nel 1999 e "L'enfant" nel 2005, con il premio per l'interpretazione maschile a Olivier Gourmet per "Il figlio" nel 2002.
Come detto in altra occasione, Jean-Pierre e Luc Dardenne, di estrazione sociale modesta, cresciuti a contatto col mondo operaio, sono noti per il loro cinema del disagio sociale, un cinema secco e rigoroso che spesso costituisce un'ardua sfida alla platea, un cinema forte e nobilissimo, un cinema che evidenzia come il danaro sia l'unica religione, un cinema che angoscia e fa disperare sul futuro dell'umanità, un cinema che mette a disagio gli spettatori con vicende sgradevoli al massimo.
Ne "Il matrimonio di Lorna" (ma preferibile il titolo originario, protagonista del film è infatti il silenzio inteso come "tutto ciò che Lorna nasconde agli altri e a se stessa", Megamodo.it, un silenzio "interiore e la parola espressa...un tentativo di far tacere una coscienza in tumulto", Cinergie.it) i toni sembrano ammorbiditi e diversi: abbiamo sempre i principali ingredienti del Dogma 95 (linguaggio minimalista, messa in scena priva di fronzoli e orpelli vari, mancanza di colonna sonora esterna aggiunta o luci artificiali, macchina da presa a mano, ambienti reali...), ma è abbandonato il tipico formato 16 mm (sostituito dal 35 mm, con inquadrature più larghe, più ferme e meno in movimento: "la cinepresa è diventata testimone più che attore", Philippe Elhem), i dialoghi abbondano, e la vicenda raccontata, pur imperniata sempre su disperati emarginati indifesi (e sfruttatori), sembra offrire -con il suo finale aperto e inatteso- una lieve luce di speranza (è un "inno alla libertà" secondo alcuni critici).
La protagonista (continuamente e quasi ossessivamente pedinata dalla camera di ripresa che sembra voler entrare dentro di lei), "disposta a rendersi complice di una macchinazione spaventosa pur di raccogliere i soldi necessari per realizzare il suo sogno, diventa simbolo di chi vuole riappropriarsi di un'umanità svanita nella selva delle violenze quotidiane" (Joshua Massarenti). A salvare Lorna saranno i suoi rimorsi: "in un mondo così cruento, il senso di colpa è l'unico sentimento che ci consente di accedere all'umanità" hanno dichiarato i registi. La incarna una bravissima Arta Dobroshi, eccezionale nell'esprimere cinismo freddezza e determinazione (apparente) sentimento fragilità e pietà (nella sostanza).
Ma tutto il cast è da applauso in questa opera costruita come un thriller arricchito da una serie continua di colpi di scena che coinvolge lo spettatore non permettendogli la minima distrazione.
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domenica 21 settembre 2008
"Il matrimonio di Lorna" di Jean-Pierre e Luc Dardenne
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1 commento:
Caro compagno
sul mio blog sto lanciando una proposta di modifica della carta di Kilombo riguardante i poteri del coitato redazionale
il sito è
http://sinistradelfia.blogspot.com/2007/09/richiesta-di-modifica-della-carta-di.html
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