domenica 3 agosto 2008

"I generi": il catastrofico (prima parte)

I disasters movies possono essere divisi in varie categorie: quelli derivati dall'azione dell'uomo (disastri atomici, chimici, elettromeccanici, informatici); naturali (terremoti, incendi, tornadi etc.); quelli politici (atti di terrorismo, guerra) e quelli dei trasporti (aerei, macchine, treni).

E' del 1933 il lavoro che solitamente viene indicato come il primo film appartenente al genere catastrofico vero proprio, "La distruzione del mondo" (Deluge) di Felix Feist: dopo un'eclissi ed un forte sisma, un gigantesco maremoto spazza via la civiltà umana, lasciando ai pochi sopravvissuti il gravoso compito di ripartire da zero a ricostruire un nuovo popolo.

Ma il vero capostipite del moderno "catastrofico" è considerato
"Airport" del 1970: è tratto dal romanzo di Arthur Hailey ed ebbe tre seguiti (Helen Hayes vinse l'Oscar come attrice non protagonista).

Gli anni 70 sono gli anni d'oro del filone.

"L'avventura del Poseidon" del 1972 (remake di Wolfgang Petersen nel 2006). E' sicuramente uno dei più famosi esempi del genere e vanta la presenza di tante stelle (Oscar per le musiche, nomination per Shelley Winters). Con le suggestive scenografie (capovolte) di W. Creber.
"
L'inferno di cristallo" del 1974: tre Oscar e nomination per Fred Astaire. Un film che ha fatto storia, continuamente citato. Prodotto dalla Fox e dalla Warner e tratto -caso raro- da due romanzi, di Richard Martin Stern, uno, e di Thomas M. Scortia e Frank M. Robinson, l'altro.
"Terremoto" del 1974, sceneggiatura di Mario Puzo. Intreccio di dramma e sentimento. Un film del filone catastrofico con una suspense assicurata grazie ai virtuosismi dei tecnici incaricati dei trucchi e degli effetti speciali che si guadagnarono un Oscar speciale. Le scene del disastro sono girate in "sensurround" (ilMorandini).

Il decennio successivo non presenta grandi novità.

Si segnalano:
"Ormai non c'è più scampo", probabilmente il film catastrofico più scialbo che sia mai stato realizzato, certamente il meno redditizio, nonostante il cast (William Holden, Jacqueline Bisset, Ernest Borgnine, Valentina Cortese, Paul Newman, Red Buttons, Burgess Meredith). Costato 22 milioni di dollari, ne incassò poco più di 2 (MyMovies).
"Virus" del giapponese Kinji Fukasaku: l'originalità del film sta nella rilettura in chiave fantascientifica del filone dei film "catastrofici" (ilFarinotti).
"From Beyond" di Stuart Gordon: abile mescolanza di horror, suspense, spavento e umorismo con effetti speciali suggestivi (ilMorandini).
"La terra silenziosa" di Geoff Murphy: il tema dell'uomo solo, del sopravvissuto, a contatto con una realtà apparentemente immutata, è svolto brillantemente dal regista in chiave introspettiva (ilFarinotti).
"The Day after" di Nicholas Meyer, grande scalpore in America ma in realtà poco originale e mediocre.
"Quando soffia il vento" di Jimmy T. Murakami, film d'animazione dalla grafica insolita con un bel messaggio polemico ma giudicato dalla critica alquanto prolisso.
"The Abyss" di James Cameron (Oscar per i migliori effetti visivi, nomination per fotografia scenografia suono): Cameron riesce a dirigere sott'acqua con abilità assoluta, spende 60 milioni di dollari e si vedono tutti! (Il Sole 24 ore).
"A 30 secondi dalla fine" di Andrei Konchalovsky (scritto da Kurosawa negli anni Sessanta): se amate il genere, con emozioni forti e il cuore in gola, non vi farà rimpiangere il prezzo del biglietto, giacché di quel genere ospita pressoché tutti gli stereotipi. Ma verniciati di fresco da un regista che sa il fatto suo… (Il Corriere della Sera).

Negli anni 90 si arriva ad un punto di svolta: i computer fanno il loro prepotente ingresso nel mondo del cinema, ed a beneficiarne più di qualsiasi altro è il genere catastrofico.
Il film più importante che segna questa svolta, che trasforma un genere tra tanti in un'icona e simbolo della Hollywood moderna, arriva in Italia il 27 settembre 1996, con cifre esorbitanti investite in effetti speciali ancora oggi grandiosi, tanto odiato dalla critica quanto amato dal pubblico:
"Independence day" stupisce letteralmente con sequenze di distruzione mai viste prima e risultati al botteghino altrettanto impressionanti.
Tra i migliori prodotti dell'ultimo ventennio abbiamo:
"Titanic" (ma il suo stratosferico successo non è dovuto agli effetti speciali, che pur ci sono), "Twister", "The day after tomorrow", "Deep impact", "Armageddon", "28 giorni dopo", "Io sono leggenda", "E venne il giorno"...

Da cosa deriva il perdurante successo dei "disaster movies"?
Roger Donaldson (regista di
"Dante's Peak") in una intervista ha dichiarato: "Dal punto di vista psicologico credo che un ritorno al catastrofico fosse inevitabile, perché la gente ama essere terrorizzata, al cinema, da esperienze che normalmente non vivrebbe nella vita quotidiana e, dalle quali, probabilmente non riuscirebbe a sopravvivere".
Maurizio Regalia fornisce la seguente spiegazione:
"Nella società moderna, il lavoratore medio, dopo una dura settimana densa di impegni, stress e responsabilità, ne arriva al termine provato ed esausto. Alienato dalla routine quotidiana, vede nel week-end un'occasione per espellere le ansie e le tensioni accumulate.
In ambito cinematografico i film catastrofici si prestano bene a questo scopo. Attraverso la manifestazione di potenza delle immagini, si attua un processo di astratta identificazione nell'entità distruttrice, unica vera protagonista di ogni film catastrofico: colui che guarda si trasforma virtualmente in colui che distrugge ed esprime, espelle, seppur stando seduto, immobile sulla comoda poltrona, le tensioni e le ansie accumulate e latenti"
.

continua...

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