venerdì 4 luglio 2008

"Tutto torna" di Enrico Pitzianti

A metà strada tra dramma e commedia, Tutto torna, primo lungometraggio di Enrico Pitzianti (distintosi finora con vari documentari di argomento sociale) è la conferma del buon stato di salute di quella che qualcuno ha chiamato la "nouvelle vague sarda" e che recentemente ci ha regalato prodotti degni di nota (Un delitto impossibile di Antonello Grimaldi, La destinazione di Piero Sanna, Jimmy della collina di Enrico Pau, Sonetàula di Salvatore Mereu).

Onore al merito a Pitzianti per aver escluso panorami e cartoline. Una Sardegna, quella da lui delineata, intelligentemente non folcloristica ma moderna attuale multietnica mobile, un quartiere (l'affascinante e suggestiva Marina) descritto coraggiosamente con le sue luci e le sue ombre, la sua vitalità e le sue contraddizioni.
Protagonista un giovane in cerca di novità e desideroso di realizzare i suoi sogni ma che ben presto si imbatte in un mondo a lui sconosciuto: extracomunitari, viados, strozzini, barboni, scrittori affermati che dormono sotto le stelle e rubano idee altrui...
Tutto torna non è però solo la rappresentazione della maturazione di un ventenne tra scoperte e delusioni ma soprattutto una metafora dell'odierna società fondata sullo spreco nonché una denuncia dell'intolleranza, della violenza, dell'usura, dei traffici politici: una realtà uguale un po' dappertutto e che fa sì che il racconto potrebbe svolgersi ovunque e che ognuno di noi vi si ritrovi.

Un film che si fa apprezzare per lo stile semplice e garbato, senza inutili artifizi… e sostenuto da un'accattivante colonna sonora (del jazzista Gavino Murgia) e dalla convincente prova di tutti gli interpreti.

Un film tragicomico dal finale opportunamente aperto che
ci lascia liberi di trarre le nostre conclusioni (35mm).
Un film amaro che, nonostante tutto, non angoscia e non deprime (come la trama, imperniata su sogni che finiscono per crollare uno ad uno, lascerebbe supporre):
Tutto torna, come recita il titolo, perché malgrado le delusioni la vita continua e in definitiva non è male (laRepubblica).

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