150 minuti di tensione, compartecipazione, coinvolgimento totali… Pochi sarebbero riusciti nell'ardua impresa: onore al merito al sessantaduenne Nikita Mikhalkov che, dopo otto anni di inattività, ci ha regalato un piccolo gioiello, giustamente acclamato all'ultimo Festival di Venezia.
Fare un remake che sia della stessa dignità dell'originale è cosa rarissima, eppure il regista russo riesce a trasformare un capolavoro in un altrettanto capolavoro, capolavoro che non è una semplice copia ma un prodotto del tutto nuovo ("Un remake, finalmente, che valeva la pena essere realizzato", Andrea D'Addio).
La cornice è la stessa de La parola ai giurati (1957): dodici giurati devono giudicare un ragazzo accusato di parricidio, uno solo di loro ha qualche dubbio sulla condanna dell'imputato…
Il film di Sidney Lumet puntava soprattutto sulla suspense e sull'analisi dei diversi caratteri dei personaggi, 12 ha uno sguardo più universale: lo sfondo è la storia russa degli ultimi anni ma lo scopo è la rappresentazione dell'umanità, con i suoi drammi, le sue ipocrisie, le sue nevrosi, le sue ambiguità, le sue fobie, le sue paure, i suoi egoismi piccoli e grandi (e il tutto sempre strettamente collegato con le drammatiche condizioni in cui versa il paese).
Non è molto ottimista Mikhalkov sul genere umano e sulla sua disponibilità a impegnarsi in prima persona, a giudicare se stesso prima che gli altri...
Una sceneggiatura da dieci e lode (dovrebbe essere un piacere leggerla...) che pone inquietanti interrogativi e profonde riflessioni sul libero arbitrio, sul pregiudizio, sulla giustizia, sulla verità, sull'oppressione, sulla guerra, sulla indifferenza e superficialità di noi tutti.
Bellissimi ed eloquenti i flashback che non spezzano il ritmo e l'unitarietà del racconto, ma lo ravvivano e lo rendono più stimolante.
Un film struggente, e al contempo violento, le cui tematiche esistenziali riguardano ogni spettatore di ogni latitudine ed impreziosito dall'eccezionale performance di 12 attori di stampo teatrale uno più bravo dell'altro, difficilmente dimenticabili (ed ottimamente doppiati).
Un vero e proprio shock la sequenza finale.
p.s.
Impensabile che l'Academy Awards gli abbia preferito il banale Il Falsario.
recensioni
martedì 1 luglio 2008
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