Il peplum-movie, il kolossal domina il cinema hollywoodiano soprattutto negli anni 50 ma non nasce con La Tunica e l'avvento del Cinemascope (era il 16 settembre 1953, e il cinema Roxy di New York, installato per l'occasione un gigantesco schermo ricurvo di quasi 20 metri di base, salutava l'alba della terza era del cinematografo: dopo l'avvento del sonoro, dopo l'avvento del colore, era il tempo dello schermo panoramico).
Negli anni 30 ebbero enorme successo Il segno della croce e Cleopatra, entrambi di Cecil B. De Mille.
E' indubbio però che gli anni 50 costituiscono per la Mecca del cinema una vera miniera d'oro con questo genere.
Il via lo dà Quo Vadis?, e che a tutt'oggi rimane uno dei migliori: è il primo kolossal del secondo dopoguerra. Quando nel 1951 Hollywood inizia il suo periodo d'oro a Cinecittà, trasferendosi in massa sul Tevere per realizzare una serie di film in costume che, oltre alle scenografie dei maestri di Cinecittà potessero sfruttare anche i luoghi autentici dove le vicende erano ambientate, il primo di quelli che passeranno alla storia del cinema come "peplum movies", sarà proprio Quo Vadis?, importante anche perché si evidenzia una caratteristica che Hollywood ripeterà in quasi tutti i kolossal: il protagonista (qui Robert Taylor) è un americano, il prototipo del coraggio e della lealtà; la protagonista (qui Deborah Kerr) è un'inglese, prototipo di donna raffinata; il cattivo un inglese (qui Peter Ustinov), prototipo di inaffidabilità.
Si continua fino agli anni 60: film celebri furono Sinuhe l'egiziano, I Dieci Comandamenti, Salomone e la regina di Saba, Ben Hur, Spartacus, Cleopatra…
Da notare che Hollywood si è interessata a quasi tutte le epoche del passato, ma sicuramente il periodo storico più sfruttato è stato quello della civiltà romana: quel mondo a tinte forti, di eroi e guerrieri, ha sempre avuto gran richiamo spettacolare. Un mondo visto generalmente in modo negativo: una civiltà corrotta da abbattere, barbara e nociva, inegualitaria e dissoluta. Non si parla della tolleranza dei Romani, delle loro capacità organizzative, della loro opera pacificatrice… ma delle orge imperiali, degli orrori delle arene, dei massacri dei cristiani…
Hollywood non ha mai inteso fare analisi storica. La storia è semplicemente uno scenario in cui ambientare un'avventura, un pretesto per allestire spettacolari scenografie. Ed ecco perché da sempre il kolossal è stato oggetto di recensioni molto negative da parte della critica e spesso a ragione. Questi film si sono da sempre prodotti badando poco ai contenuti e molto alla sostanza. Nella loro realizzazione, scenografia, costumi, arredamento, colonna sonora, trucco, effetti speciali e la partecipazione di decine di migliaia di comparse la facevano da padrone, relegando in secondo piano il soggetto e la sceneggiatura: addirittura gli attori e in qualche caso persino i registi potevano essere elementi trascurabili (fa eccezione a questo quadro desolante, oltre a quel piccolo gioiello che è Spartacus di Stanley Kubrick -l'ennesima conferma di un genio del cinema-, il bellissimo Giulio Cesare del 1953 di Joseph L. Mankiewicz: "Un grande film, reso ancora più pregevole dal notevole cast. La scena più bella del film resta l'elogio funebre pronunciato da Antonio (Marlon Brando). L'attore superò se stesso scatenando gli applausi sul set durante le prove" MyMovies).
In Italia il genere kolossal aveva inizialmente trionfato all'epoca del muto (basti pensare a Gli ultimi giorni di Pompei e a Cabiria) ma bisogna aspettare gli anni 50 e 60 per un consolidamento di questo tipo di film anche nella nostra cinematografia.
Il grande successo dei film storici americani convinse anche i produttori italiani ad investire nel genere (si affermò il cosiddetto "peplum all'italiana"): Ulisse, Le fatiche di Ercole, Arrivano i Titani, Il colosso di Rodi…
Tra il 1960 e il 1965 sono usciti non meno di 7-8 film peplum per ogni anno.
Le prime recessioni negli incassi diedero inizio ad un circolo vizioso, infatti costrinse i produttori e i registi ad abbassare i budget, abbassando quindi la qualità tecnica delle opere, che comportava un abbandono del genere da parte degli appassionati e una conseguente ulteriore riduzione degli incassi. Per cercare di far fronte alla crisi gli autori ricorsero a discutibili scelte artistiche, facendo convivere due o più forzuti nello stesso film nella speranza di attirare i fans di entrambe le saghe, per poter moltiplicare gli incassi. Il caso limite si ebbe nel 1964 con la realizzazione del pessimo Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili diretto da Giorgio Capitani in cui tutti i quattro forzuti condivisero la scena di un'unica pellicola di scarsissima qualità tecnica. Questo lavoro scontentò tutti i residui appassionati ed uccise definitivamente il genere.
Nel 1965 vennero distribuiti altri film ma nessuno di questi riscosse il minimo successo e i produttori riuscirono a malapena a recuperare i pochissimi soldi spesi per la produzione; altri vennero prodotti ma non trovarono mai un distributore disposto a rischiare nell'operazione. Messi con le spalle al muro anche i produttori più fedeli preferirono concentrarsi sul nuovo genere che si stava diffondendo: lo Spaghetti western (Wikipedia).
Negli ultimi anni l'enorme successo de Il Gladiatore di Ridley Scott, kolossal da 103 milioni di dollari, sembra aver fatto tornare la peplum-mania: Alexander di Oliver Stone e Troy di Wolfgang Petersen ne sono un esempio, oltre i più recenti 300, L'ultima legione… e il tutto, naturalmente, subordinato agli effetti speciali.
Scrive Paolo D'Agostini (le sue parole si riferiscono a Il Gladiatore ma vanno bene per tutti i nuovi kolossal): "Effetti da paura, mirabolante impiego di tecnologie che garantiscono massima spettacolarità con il minimo di risorse umane - scene di massa e sfondi "antichi romani" ottenuti in gran parte grazie a scenografie virtuali (che nostalgia per la cartapesta!) , sangue a fiumi e teste mozzate come se piovesse (ma non erano meglio, tanto sul versante violenza quanto su quello delle nudità, le allusioni evocatrici di un tempo?)".
tutteleproblematiche
i "generi" cinematografici
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