martedì 29 aprile 2008

"Un amore senza tempo" di Lajos Koltai

Una grande occasione sprecata: è la prima impressione che dà la visione di "Un amore senza tempo" (ma perché non lasciare il più allusivo e suggestivo titolo originale, "Evening", il tramonto della vita?).
Lajos Koltai, al suo attivo il retorico "Senza destino" del 2005, non ha saputo padroneggiare il materiale a disposizione, una dolce e commovente storia di donne per donne, e ha realizzato un lavoro senza mordente e scarsamente emozionante.
Il regista ungherese fallisce in ciò che era perfettamente riuscito a Stephen Daldry (
"The Hours") e a Rodrigo Garcia ("Le cose che so di lei"), rendere omogenei e unitari racconti personaggi avvenimenti… diversi. In "Un amore senza tempo" sembra di assistere a tre film non coordinati tra loro e ognuno in contrasto con l'altro. Si aggiunga che i vari personaggi sono non sufficientemente approfonditi sicché battute e comportamenti appaiono a volte immotivati.
Regia e sceneggiatura banalizzano il complesso romanzo di Susan Minot e il suo tema portante: quanto sia difficile operare delle scelte il cui peso graverà sull'intera vita.
Aggrava la situazione l'importanza data a immagini mozzafiato, a splendide panoramiche, a ricostruzioni ambientali sontuose che distraggono lo spettatore e gli fanno dimenticare di assistere a un dramma molto intimo che poteva massimamente coinvolgerlo.
Uno splendido cast (tra i più ricchi che il grande schermo ci abbia ultimamente mostrato) che dovrebbe citare per danni Koltai, incapace di realizzare quello che, sulla carta, poteva essere un piccolo gioiello di meditazione sulla vita e sulla morte.
Eppure, nonostante tutto, il lavoro merita di essere visto per la grande prova delle attrici coinvolte nell'operazione, ognuna in grado di reggere da sola un intero film (il pianto di Glenn Close, il duetto finale tra
Meryl Streep e Vanessa Redgrave... sarà difficile dimenticarli).
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