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Sorprendente come il regista, senza mostrare un goccio di sangue o un combattimento, riesca a trasmettere il senso della tragedia (e dell'assurdità) che è dietro a ogni conflitto armato: niente eroismo, niente gloria, solo miseria dolore rassegnazione fatica sudore stanchezza sporcizia puzza...
Il tema essenziale del film è la guerra e il suo dramma, ma si parla anche di solitudine, di vecchiaia, di rapporti familiari… uno sguardo all'essere umano nella sua totalità che coinvolge completamente lo spettatore, lo emoziona e lo turba.
"E' la nonna di tutti i soldati al fronte, e la madre di tutte le vedove cecene, Aleksandra doveva rappresentare la luce della ragione, l'intelligenza che sovrasta il clangore delle armi", ha dichiarato Sokurov: ed è subito da sottolineare l'ottima presenza scenica della ottantaduenne Galina Vishnevskaya, celebre cantante lirica e qui attrice esordiente, un volto e una prestazione che non dimenticheremo facilmente e che rispondono in toto alle intenzioni del regista.
Intelligentemente il film (che secondo "Il Messaggero" è stato "il più bel film in concorso al 60° Festival di Cannes") non è doppiato e ciò consente al pubblico di penetrare meglio nella realtà che ci viene mostrata: del resto le parole sono poche in questo lavoro, contano più i gesti e gli sguardi che mirabilmente trasmettono la sofferenza di chi è lontano da casa e di chi deve subire l'occupazione della propria terra.
Profondo, intenso, lirico: un film da vedere per chi ama il buon cinema e ama riflettere su quanto accade oggi nel mondo.
Un plauso particolare alla fotografia, decolorata in un beige seppiato, eccezionale nell'esprimere desolazione e squallore.
Pochi film nella storia della cinematografia mostrano in pieno come la guerra sia il massimo livello del degrado umano: Alexandra sicuramente ne fa parte.
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