Regista che, tra l'altro, ha al suo attivo lo splendido "Neverland" ma anche il poco convincente "Stay", Marc Forster (svizzero tedesco trapiantato in America) si è presa una bella gatta da pelare trasportando sullo schermo il romanzo di Khaled Hosseini, il più grande fenomeno letterario degli ultimi anni, idolatrato da milioni di lettori in tutto il mondo.
Chi non ha letto il libro, vedendo il film non capirà il perché di tanto entusiasmo. Chi ha amato l'opera scritta rimarrà inevitabilmente deluso.
Forster ha realizzato una produzione che si fa ammirare per gli originali titoli di testa, la messinscena colorata, la smagliante fotografia, l'imponenza delle masse ben guidate, la ricostruzione ambientale (l'Afghanistan e il Pakistan sono riprodotti in Cina): un grande spettacolo nella migliore tradizione hollywoodiana ma…
L'impatto emotivo è modesto, i sentimenti le sofferenze le ferite... poco approfondite, le sfumature latitanti, il coinvolgimento manchevole. Non tutti i personaggi principali sono narrativamente sullo stesso piano, non tutti gli interpreti sono completamente convincenti.
Formalmente la pellicola (che ha avuto una nomination agli Oscar e due ai Golden Globe) appare rispettosa del romanzo di cui trascrive i fatti salienti (ma non tutti) ma non ne riproduce l'anima, l'intimo, il profondo significato.
Un'occasione persa: ci si aspettava un capolavoro, abbiamo un prodotto semplicemente dignitoso che non ha persuaso del tutto la critica.
p.s.
Il film è stato proibito in Afghanistan (motivazioni: si umilia l'etnia dei "pashtun", oltraggiose le scene dello stupro di Hassan e della danza erotica del ragazzo hazara, Shorab).
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